Ottobre 2019 – Accordi per l’ospedale di Anivorano e la farmacia di Analaroa, nuovi incontri e felici ritorni

Il gruppo di lavoro per l'ospedale di Anivorano

È il 28 settembre; sono a Malpensa con Costantina, Cristina, Laura, Francesca, Rico e Filippo. Ci stiamo imbarcando per il volo che ci porterà in Madagascar. Carlo, Lilli, Nadia, Martina e Laura ci raggiungeranno tra qualche giorno. Le valigie sono sempre stracolme di materiali per cui la loro consegna al check-in è una vera liberazione. Il viaggio, nonostante sia lungo e stancante, rimane piacevolmente animato dalle battute e dai pareri che ci scambiamo.

Nel primo pomeriggio raggiungiamo l’aeroporto di Antananarivo. Solita lungaggine burocratica prima di raggiungere con ansia il nastro trasportatore che, seppur con lentezza, ci restituisce tutti i bagagli. Tiriamo un sospiro di sollievo. Nuovamente stracarichi ed oppressi dall’insistente sfrontatezza dei facchini raggiungiamo l’uscita dell’aeroporto. Le mani di suor Sylvie e di suor Eugenie mosse in segno di saluto ci consentono di individuare il punto dove sono parcheggiati i fuoristrada. Come sempre è una festa ritrovarsi. Baci ed abbracci non si risparmiano, finché le macchine partono.  Attraversiamo la città ed ai miei occhi nulla pare cambiato. La povertà ed il degrado sono rimasti uguali, forse peggiorati. Nonostante questa sensazione è comunque gradevole riassaporare l’atmosfera che si respira, fatta di sapori, odori, colori che, chi tra noi ha già conosciuto, ora vuol fare apprezzare ai nuovi arrivati. Una rapida visita alla casa madre delle Orsoline e finalmente raggiungiamo l’albergo.  Il giorno dopo si parte. Carichiamo il necessario e puntiamo su Anivorano. La strada è asfaltata, ma tortuosa ed infinitamente lunga. Attraversiamo un territorio collinare che sembra non finire mai. Salite e discese si susseguono monotone mentre la strada si infila in foreste di palme ed eucalipti. È l’unica via che mette in comunicazione la capitale con il porto marittimo di Toamasina. È percorsa a velocità sostenuta da decine di camion che azzardano sorpassi impossibili ed i mezzi abbandonati o con ruote all’aria sono la conferma che non sempre queste manovre giungono a buon fine. Dopo otto ore di viaggio lasciamo l’asfalto per percorrere su una pista in terra battuta l’ultimo tratto. È sera quando raggiungiamo Anivorano e le luci delle capanne testimoniano che la meta è raggiunta. Siamo esausti.

Gli ultimi conti prima della firma

Gli ultimi conti prima della firma

 Il sole del mattino e la generosa colazione delle suore riportano il buon umore e la giusta carica. Ci dividiamo i compiti: Costantina raduna e registra i bambini che sosteniamo con il progetto scolastico; Rico, Filippo e Roberto incontrano i responsabili della ditta che costruirà il nuovo ospedale mentre Cristina assume l’importante ruolo di interprete. Trascorrono ore di sopralluoghi, trattative, spiegazioni, accertamenti. Finalmente in tarda serata il contratto viene firmato.

La lavorazione della curcuma

La lavorazione della curcuma

L’ultimo giorno di permanenza lo dedichiamo a completare impegni sospesi e a visitare il villaggio. È il periodo di raccolta della curcuma e dello zenzero ed ogni spazio libero è occupato da teli su cui le sottili fette tagliate dai rizomi essiccano al sole. Percorriamo i vialetti di Anivorano tra la curiosità della gente e sotto lo sguardo dei bambini che mal cela il desiderio di un piccolo dono, una caramella, un palloncino. La povertà è evidente, palpabile, democraticamente distribuita. Guardandoci attorno ci colpisce la mitezza delle persone e la dignità con cui sopportano la loro condizione.

 

In viaggio lungo il fiume

In viaggio lungo il fiume

È il primo pomeriggio quando, preceduti da alcune suore, saliamo sulla barca che abitualmente utilizzano per i loro spostamenti. Settimanalmente raggiungono i piccoli villaggi lungo le rive del fiume per portare assistenza sanitaria, cibo o altri aiuti. Il motore lentamente ci sospinge verso il centro del fiume ed iniziamo il viaggio. Alcune zattere fatte con caschi di banana ridiscendono il corso d’acqua e chi le guida ci invia segnali di saluto che contraccambiamo. Procediamo con cautela guidati dal ragazzo seduto a prua che esplora il fondale ed indica al timoniere dove l’acqua è più alta. Procediamo a zig zag da una sponda all’altra, osservando sulle rive campi di manioca e bananeti. Immobile su un giunco un Martin pescatore, uccello da noi quasi scomparso, attende di tuffarsi; ci affrettiamo impacciati a fotografarlo, prima che voli via. Alcune barche trasportano persone e mercanzie a dimostrazione che il fiume per questa gente è una fonte di vita importante. Il motore si placa e lentamente raggiungiamo la riva. A piedi risaliamo l’argine e ci infiliamo in una boscaglia di palme per raggiungere, poco più avanti, un gruppo di capanne.

Nutella per tutti!!!

Nutella per tutti!!!

 Come sempre sono i bambini, curiosi e titubanti, a venirci incontro per primi. Le caramelle ed i palloncini sono la chiave per conquistarli e dare inizio a una festa. Costi, Cristina e Laura estraggono dagli zaini il pane ed un vaso di Nutella che distribuiscono ad un nugolo ordinato e gioioso di grandi e bambini. Quasi ci vergogniamo nel vedere come si possa con poco donare felicità. La luce del sole che si attenua ci stimola a rientrare. Le ultime foto, gli ultimi abbracci, le ultime strette di mano. Veloma vasà! Arrivederci stranieri! La barca ripercorre a ritroso il corso del fiume; ora il silenzio è interrotto solo dal rumore del motore, che si disperde ovattato nell’aria. Ognuno cattura un lembo di questa quiete, vi si isola e nell’intimo cattura emozioni che diventeranno ricordi. La cena è pronta e la concludiamo con un cin cin di saluto e di buon augurio. Le luci del dispensario si spengono ed una volta a letto ripensiamo ai momenti vissuti. Le palpebre pesano ed affiorano i sogni.

È l’alba e le suore, già attive, danno la sveglia. È ora di partire. Ci aspetta di nuovo l’interminabile strada alla quale non c’è alternativa. Si parte. Dopo qualche ora di guida noiosa ci fermiamo per il pranzo che consumiamo nel ristorante di un piccolo parco faunistico. È l’occasione per toccare con mano quei lemuri che abbiamo visto solo su qualche dépliant. Costretti in boscaglie sempre più ristrette, questi primati – presenti solo in Madagascar – sono sul punto di estinguersi e per sopravvivere barattano una banana con la libertà. Riprendiamo la marcia salendo e scendendo colline, attraversando piccoli borghi, imprecando contro autisti che guidano senza regole.

Finalmente Tana, finalmente a casa. La notte in cui siamo immersi è certamente meno romantica di quella di Anivorano, ma poco importa: vogliamo solo dormire.

Il gruppo (quasi tutto)

Il gruppo (quasi tutto)

Anche Carlo è arrivato e lo recuperiamo in albergo prima di dedicarci agli ultimi preparativi.  Acquistiamo schede telefoniche e viveri quindi ripartiamo, questa volta per Analaroa. Conosciamo la strada e la pista battuta ci è familiare. La guida è spartana ed in tempo da record raggiungiamo il villaggio. Suore e bambini sono lì ad aspettarci. Dovremmo essere abituati a questa accoglienza, ma ogni volta che attraversiamo il cancello del dispensario, ogni volta che ascoltiamo i canti dei bambini, ogni volta che sentiamo le loro braccia aggrapparsi alle nostre gambe, ogni volta è una prima volta e le lacrime riempiono gli occhi.

La sala operatoria è pronta. Carlo e Francesca predispongono strumenti e materiali. Suor Louise si muove come un folletto da una parte all’altra del dispensario. Donatien, l’amico anestesista ci ha raggiunti. Si può iniziare. Piedi torti, gambe storte, ernie, malformazioni e chi ne ha più ne metta. Venghino signori, qui si opera!

Mentre Roberto e Carlo lavorano in sala Costantina si dedica all’ambulatorio ed ai controlli ecografici, opportunità unica per molte persone. Rico e Filippo girano armati di corda metrica, matite e fogli, intenti a progettare la nuova farmacia. Laura si dedica ai bambini e conquista la loro ammirazione con la proiezione di cartoni animati, evento qui straordinario.

Ognuno è preso dai propri impegni e le giornate scorrono veloci. Da Tana arrivano Lilli, Martina, Nadia e Laura. Ci raggiunge anche l’equipe del dottor Olivier che ci affiancherà in sala operatoria, ed è proprio in uno dei momenti in cui stiamo lavorando che suor Louis ci fa una piacevole sorpresa. Abbandoniamo per un attimo il letto operatorio ed usciamo in cortile. Difficile non emozionarsi: ci stanno aspettando Alina, la piccola che abbiamo aiutato a guarire da un tumore e Finamentazoa, la ragazza operata per piedi torti. Entrambe sono guarite, rinate. Rappresentano per noi la conferma che il nostro impegno non è vano, così come non lo è l’aiuto dato a Rodin, un uomo che lo scorso anno abbiamo incontrato ad Anivorano. In seguito ad un incidente ha subito l’amputazione degli arti inferiori e da anni si trascina appoggiandosi sui due monconi. Gli avevamo promesso un aiuto che in Italia si è concretizzato nella costruzione di due protesi con le quali volevamo rimetterlo in piedi. Rodin in questi giorni ci ha raggiunti e Carlo con abilità e pazienza ha adattato i dispositivi a quei pezzi di coscia finché siamo riusciti dopo tanti anni, a farlo camminare. Vederlo raggiante mentre Costi e Lilli lo aiutavano ad infilarsi i pantaloni lunghi che da tempo non poteva indossare ci ha riempiti di gioia ed il suo grido di esultanza è diventato il nostro.

Grande festa per l'acqua a Morafeno

Grande festa per l’acqua a Morafeno

Nadia, Laura e Martina impegnate nel riordino del deposito sistemano in alcune valigie indumenti e coperte che carichiamo sui fuoristrada. Partiamo alla volta di Morafeno. La gente del villaggio ci sta aspettando. La strada è stata riparata ed i mezzi la percorrono velocemente. La banda con suoni di flauti e tamburi ci dà il benvenuto. Si forma un corteo festante con a capo Cristina che si inoltra tra le capanne fino a raggiungere una fontana: è la conferma che l’acquedotto che avevamo promesso e che Cristina ha sovvenzionato è stato completato. L’acqua che esce dai rubinetti è pulita e scorre abbondante. Per questo villaggio una risorsa di grande valore, per noi un sogno realizzato.

È tempo di rientri: Rico, Filippo, Francesca e Cristina ripartono per l’Italia e chi rimane del gruppo completa i programmi previsti finché, per tutti, la missione finisce.

È l’ultima sera e voglio far mio questo momento.

Guardo l’orizzonte. Oltre i radi cespugli di eucalipto il cerchio infuocato del sole scivola pian piano e cede al fondale del cielo pennellate di un rosso sempre più intenso che si confonde con quello della terra malgascia. Tutto si amalgama in un unico colore. È il momento del giorno in cui ogni rumore si placa ed il silenzio si estende senza fine. Colline spaccate dal tempo mettono a nudo ferite profonde; si susseguono e si sovrappongono perdendosi in una placida onda.  Da un crinale non molto lontano emerge lento un carro le cui grandi ruote di legno raschiano i solchi di ciò che sembra una strada. Due zebù ancorati al timone lo precedono stanchi, rassegnati al loro lavoro. Adagiato su un carico d’erba insecchita un uomo minuto stringe un bastone e sferza tocchi leggeri che gli animali interpretano in un linguaggio segreto. Ciò che un tempo era un cappello protegge un volto segnato dal sole e dalla fatica. È un procedere mesto, il compimento di un rito che si ripete ogni giorno, ogni mese, ogni anno nell’immutabilità di questi luoghi. Non c’è luce in quegli occhi, ma fatale rassegnazione ad un’esistenza che mira alla sola sopravvivenza. Il ritorno alla casa dopo un giorno passato nel campo. Il ritorno ad un piatto di riso, ad una stuoia su cui riposare prima di riprendere, al canto del gallo, un cammino senza futuro, che non ha una meta.

Anche il rosso del cielo si spegne e muta nel nero profondo della notte africana. Sempre più fioco l’abbaiare di un cane si alterna al pianto di un bambino in un ritmo che sfuma nel vento. Tutto tace e l’assenza di suoni ed immagini si accompagna all’assenza di vita. L’oscurità si fonde col silenzio rendendo quasi corporeo il nulla. Il tempo sembra scorrere senza fine. Un soffio di vento improvviso mi ridesta da questo torpore mentre lontano compare un punto di luce, seguito da un altro ed un altro ancora, finché il cielo si accende di stelle.

Seduto sotto il vecchio albero di plumeria alterno piccoli sorsi di rum a qualche boccata di toscanello. Guardo il fumo addensarsi in cerchi concentrici che il vento solleva e trasforma in tenui volute che si confondono col cielo. Ne seguo il percorso addentrandomi inconsapevolmente nel mondo che mi sovrasta. Migliaia di punti luminosi aleggiano sopra di me fornendo alla mia fantasia tracce di traiettorie infinite. Più le percorro più mi immergo nella profondità dello spazio ed il confronto con questa immensità mi rende cosciente della mia piccolezza, dell’insignificante ruolo della mia esistenza, della povertà del mio essere. Mi chiedo cosa faccia io qui, in questo momento, in un luogo lontano migliaia di chilometri dalle mie montagne, dalle mie amicizie, dai miei affetti. Che senso abbia la mia presenza in questa terra, tra gente sconosciuta e diversa per lingua, cultura, bisogni. Uomini e donne che attraversano la vita nel cercare la sicurezza di un piatto di riso combattendo una povertà che non ha uguali. Volti di bimbi ricoperti da maschere irreali, disegnate dalla polvere e da moccio rinsecchito dal tempo; piccoli esseri vestiti di cenci eppur festanti, ignari del loro futuro. L’infinità dello spazio in cui si perdono i miei occhi è pari alla miseria che qui ho incontrato e più forte mi sorge la domanda: cosa posso io fare?

Anche questa missione si è conclusa. Domani ritornerò al lavoro di sempre, ai problemi di sempre, ai sogni di sempre, ritornerò ad inseguire il tempo che qui invece continuerà a scorrere lento ed a scandire ritmi che non mi appartengono, ma che mi hanno rapito.

Roberto e Carlo con Rodin

Roberto e Carlo con Rodin

Roberto e Finamentazoa

Roberto e Finamentazoa

Costantina con Alina

Costantina con Alina

Vita lungo il fiume

Vita lungo il fiume

La fontana ad Analaroa

La fontana ad Analaroa